Se cerchiamo la definizione di immigrazione data dall’enciclopedia Treccani si avrà la seguente descrizione: “per immigrazione si intende l’entrata lo stabilimento e l’inserimento provvisorio o permanente di individui e masse di individui in paesi diversi da quelli di origine. Il fenomeno, caratterizzato da precise ragioni politiche e socio economiche, si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni per il progressivo aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo e ha investito gran parte degli Stati europei.”
Possiamo dire che la terra è stata popolata grazie ai flussi migratori che si sono svolti nel corso dei secoli e che quindi la migrazione ha da sempre caratterizzato la storia dell’uomo; e non possiamo di certo immaginare un futuro in cui l’individuo non potrà decidere di iniziare una nuova vita in un luogo diverso da quello di origine. Questo perché le popolazioni sulla terra sono in continuo movimento.
Nonostante il fenomeno abbia accompagnato da sempre l’evoluzione umana, possiamo notare che negli ultimi anni la parola immigrazione compare sempre più spesso ormai nella nostra quotidianità. Ma soprattutto, raramente ha una connotazione positiva.
Oggigiorno, il tema dell’immigrazione è sempre più presente nel dibattito politico sia nel nostro paese che negli altri paesi dell’Unione Europea a causa di una sempre maggiore crescita del fenomeno che si tende ad arginare, sia attraverso politiche adottate singolarmente dai vari Stati, sia cercando una forma di collaborazione tra i membri dell’Unione.
È perciò fondamentale, per comprendere appieno il fenomeno e al fine di sviluppare un libero pensiero su di esso, approfondire anche gli aspetti che generalmente vengono trattati solo marginalmente dall’informazione, perché forse dati per scontati. Quindi sarebbe utile, partendo dalle basi, riflettere sull’uso corretto delle parole che utilizziamo per descriverlo, al fine di focalizzare correttamente i termini del fenomeno.
Nel linguaggio comune spesso utilizziamo dei vocaboli che non sono appropriati e siamo talmente abituati ad utilizzarli, a volte impropriamente, che non ce ne rendiamo conto.
Per esempio basta solo soffermarci sui due termini “immigrato” ed “extracomunitario” per constatare che vengono utilizzati per identificare coloro che vengono in Europa, attraverso i viaggi della speranza, spesso terribili, e nei quali molti di loro trovano la morte.
Non pensiamo che immigrato potrebbe essere magari un tedesco o un francese, che decide di stabilirsi in Italia, e non utilizziamo mai il termine extracomunitario per identificare un cittadino statunitense, australiano o oggi un cittadino della Gran Bretagna.
Già questo spiega perché tali termini, nell’immaginario collettivo, rimandano immediatamente a persone che rappresenterebbero un peso per la nostra collettività o una minaccia per la nostra identità culturale.
È inoltre basilare utilizzare i termini esatti per identificare una tipologia di soggetto, al fine di evitare che se ne identifichi erroneamente una, al posto di un’altra.
Prendiamo, ad esempio, i termini profugo, richiedente asilo e rifugiato. Spesso, nel parlare possono essere usati in modo improprio, pensando che uno equivalga all’altro. Invece no, perché, brevemente, il profugo è colui che, per ragioni di sopravvivenza generalmente fugge dal suo luogo di origine a causa di guerre o conflitti, ma che non rientra necessariamente nella categoria di rifugiato.
Il richiedente asilo è colui che ha presentato la domanda per ottenere il riconoscimento di rifugiato, ma è in attesa della decisione. È quindi regolarmente soggiornante anche se entrato nel territorio in modo irregolare ed ha, in questa fase, il diritto di permanenza.
Il rifugiato, in base all’art. 1 della convenzione di Ginevra, è colui che “nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato;”
Si tratta della più importante forma di protezione internazionale, riconosciuta a un richiedente asilo da uno stato membro della convenzione di Ginevra del 1951.
Pertanto, a definizioni differenti corrispondono diverse situazioni giuridiche.