Il Patronato è un ente di utilità sociale che dà assistenza gratuita a 360 gradi ai lavoratori, utenti, pensionati e comunque a tutti i cittadini. Nel merito è un organismo privato promosso dalle Organizzazioni dei Lavoratori – riconosciuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in quanto è organizzato e strutturato con uffici e Personale nel rispetto della legge n. 152 del 30 marzo 2001 e del decreto attuativo n.193 del 10 ottobre 2008 e successive modificazioni.
Riportiamo di seguito l’estratto di un’intervista di Agensir ad un Operatore Labor, responsabile della sede zonale di Roma.
“L’aumento, riscontrato negli ultimi tempi, del numero delle domande volte all’ottenimento di prestazioni a carattere assistenziale è il segno di un crescente e sempre più diffuso disagio economico. A questo poi si unisce un generalizzato clima di sfiducia sia nei confronti delle istituzioni pubbliche sia verso le tante promesse della politica cui però non corrisponde una effettiva e reale ricaduta in termini di lavoro”. A fotografare così l’attuale contesto sociale e lavorativo è il responsabile di una delle sedi zonali di Roma del Patronato Labor, uno degli istituti capillarmente sparsi tutta Italia, a disposizione dei cittadini, in particolare nella gestione delle pratiche legate al conseguimento delle prestazioni previste dalla normativa previdenziale ed assistenziale. Il patronato infatti (organismo privato promosso dalle organizzazioni dei lavoratori – riconosciuto dal ministero del lavoro e delle politiche sociali con legge n. 152 del 30 marzo 2001), in quanto ente di utilità sociale, fornisce assistenza “gratuita” a 360 gradi a lavoratori, pensionati e cittadini in genere e rappresenta, lì dove è operativo, un osservatorio unico e privilegiato della società.
Le nostre città sono un arcipelago di cittadini in condizioni di fragilità, con scarsi salari e scarse tutele. Come Patronato, che percezione avete della situazione lavorativa?
Il mondo del lavoro è estremamente complesso e variegato. Nei nostri uffici infatti, si concentrano le richieste di informazioni relative alla presentazione di domande per accedere alle prestazioni di natura prevido-assistenziale. Prima di entrare nelle tante “piaghe” presenti in questa parte del tessuto sociale è opportuno sottolineare che registriamo da tempo un generalizzato clima di “sfiducia” nei confronti delle istituzioni pubbliche ma soprattutto nelle tante promesse cui però non corrisponde una reale ricaduta in termini di lavoro.
Come è cambiato, dopo la pandemia e una guerra in corso, il mondo del lavoro, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta
Non siamo in possesso di dati statistici attendibili su cui basare le nostre analisi, ma dalla percezione che riusciamo ad avere e in base alle esigenze di chi si rivolge a noi, abbiamo notato che l’offerta di lavoro sta sempre più assumendo la caratteristica di una “durata limitata” nel tempo. Di conseguenza la domanda di lavoro è sempre più attenta a valutare la convenienza delle condizioni offerte, a cominciare dai parametri fondamentali dell’orario lavorativo e, ovviamente, del compenso.
Che tipologia di persone si rivolgono ai vostri uffici alla ricerca di un’occupazione e che tipo di richieste giungono da parte del mondo del lavoro
Nei nostri uffici, che non svolgono attività di ricerca nel settore del lavoro, spesso arrivano richieste di familiari di soggetti anziani o disabili alla ricerca servizi assistenziali alla persona. Richieste però cui non possiamo dare seguito, dal momento che non sono di nostra competenza, bensì di altri soggetti preposti a filtrare, in questa specifica sezione lavorativa, la domanda e l’offerta di lavoro.
Si parla tanto di reddito di cittadinanza. Al di là degli slogan com’è la situazione riguardo la povertà?
Secondo il nostro osservatorio, l’aumento, riscontrato negli ultimi tempi, del numero delle domande volte all’ottenimento di prestazioni a carattere assistenziale ci dice di un crescente e sempre più diffuso disagio economico. Il reddito di cittadinanza merita un discorso a parte. Si tratta infatti di un tema molto complesso, intanto sicuramente legato alla zona di residenza di chi ne ha fatto richiesta. Durante la pandemia, molti di coloro che già avevano un lavoro precario e privo di tutele lo hanno perso definitivamente. Una situazione pesante, aggravata poi dall’impossibilità, per queste persone, di poter accedere ai diversi sostegni al reddito (cassa integrazione o i vari bonus previsti per soggetti con minima copertura contributiva). Non c’è dubbio quindi che in quel frangente la percezione del reddito di cittadinanza ha sicuramente rappresentato, per chi ne aveva diritto, un ristoro molto importante. In generale quindi possiamo dire che per molte persone in difficoltà è stato un valido aiuto, a volte per un tempo limitato, fino al raggiungimento di una nuova occupazione. In altri casi, in particolare nella fascia d’età più critica, quella degli over 50, di fatto è stato il più importante, se non l’unico, mezzo di sostentamento. Mi riferisco a uomini e donne privi di specializzazione, scartati dal mondo del lavoro che, ai cinquantenni, preferisce i giovani. In altri casi ancora però è stato anche un deterrente alla ricerca del lavoro, un motivo cioè per rifiutare alcune proposte lavorative con condizioni di lavoro non troppo gratificanti. Un atteggiamento che abbiamo riscontrato maggiormente in alcuni giovani i quali, anziché acquisire esperienza lavorativa in un settore magari anche poco confacente alle proprie attitudini, hanno preferito attendere e percepire il reddito di cittadinanza. Questi comportamenti, evidenziati anche dai mezzi di comunicazione, credo abbiamo poi portato alla necessità di apportare alcune modifiche relative al mantenimento di questo beneficio.
I lavoratori sono spesso vittime di infortuni, soprusi, irregolarità e sfruttamento. Qual è la problematica più diffusa?
In base alla nostra esperienza credo che quella della “irregolarità” sia la problematica più diffusa. Molto comune ed esteso infatti è il lavoro nero, ma ancora di più lo è “parzialmente in nero”, ossia quel lavoro regolarmente pagato ma per un numero di ore inferiore rispetto a quelle effettivamente lavorate. Un fenomeno questo che comporta anzitutto una ufficiale capacità reddituale ridotta, con tutte le conseguenze negative che ne conseguono, a partire da una contribuzione ridotta che inevitabilmente si ripercuoterà sull’importo della futura pensione. E poi le inevitabili difficoltà legate all’accesso al credito, compensato solo parzialmente da un’eventuale possibilità di accesso alle prestazioni agevolate per bassi redditi”.