La legge disciplina i presupposti affinché i prossimi congiunti: vedova, ascendenti e discendenti con esclusione dei collaterali del lavoratore assicurato deceduto a causa dell’infortunio o della malattia professionale, possano percepire le prestazioni previdenziali consistenti in una rendita ragguagliata al 100% della retribuzione.
Le percentuali spettanti sono:
- 50% al coniuge, indipendentemente dal reddito personale;
- 20% a ciascun figlio legittimo, naturale, riconosciuto o riconoscibile e adottivo, sino al compimento del 18° anno di età;
- 40% ai figli orfani di entrambi i genitori.
Per i figli viventi a carico del lavoratore infortunato al momento del decesso, che non prestano lavoro retribuito, dette quote sono corrisposte sino al raggiungimento del 21° anno di età se studenti di scuola media o professionale, e per tutta la durata normale del corso, ma non oltre il 26° anno di età, se studenti universitari.
Se si tratta di figli inabili, la rendita viene corrisposta sino a quando perdura l’inabilità.
Si considerano superstiti i figli concepiti alla data dell’infortunio e i nati entro 300 giorni da tale data.
Occorre fare una distinzione nell’ambito dei soggetti beneficiari della rendita: mentre infatti coniuge, figli sino al compimento del 18° anno di età e figli inabili di qualsiasi età hanno diritto alla rendita in ogni caso, gli ascendenti, gli adottanti i fratelli e le sorelle sono tenuti a dimostrare la sussistenza dell’ulteriore requisito della vivenza a carico.
Per quanto riguarda lo stato di coniugio esso deve sussistere al momento della morte.
La rendita presuppone, ovviamente, la sussistenza del nesso causale tra la morte e l’infortunio o la malattia professionale, e la dimostrazione dell’evento morte medesimo.
…e tu lo sapevi?