Alla luce di un recentissimo ed ormai consolidato orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti d’Appello (sent. 1/2021 del gennaio scorso) in materia di ricalcolo della pensione dei militari, si ritiene utile riportare e commentare brevemente l’arresto giurisprudenziale cui è giunto il suddetto Collegio, che sul punto rappresenta l’equivalente della Cassazione in materia civile e penale.
La massima:
“La Corte dei Conti, Sezioni riunite, in sede giurisdizionale e in sede di questione di massima, danno soluzione ai quesiti posti con le epigrafate ordinanze di deferimento del Presidente della Corte dei conti n. 12 del 12 ottobre 2020 e della Sezione prima giurisdizionale di appello nn. 26 e 27 del 14 ottobre 2020, enunciando i seguenti principi di diritto: La “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%. Conseguentemente: L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Vediamo ora i requisiti ed il procedimento.
Occorre valutare l’anzianità contributiva vantata dai militari alla data del 31.12.1995. Se a tale data essi avevano più di 15 anni e meno di 18 anni di contribuzione effettiva, e sono già pensionati, allora si può procedere nei confronti dell’INPS (gestione ex INPDAP) chiedendo il ricalcolo della pensione. La domanda andrà presentata prima in via amministrativa tramite Patronato chiedendo l’applicazione sulla pensione dell’art. 54 DPR 1092/73. Essa verrà probabilmente respinta o rimarrà inevasa, e a quel punto si potrà adire la competente Corte dei Conti territoriale, in base alla Regione di residenza dell’assistito. E’ opportuno sottolineare come, nell’ultimo periodo, pare che l’INPS abbia ricevuto indicazioni di dar seguito in via amministrativa alle domande, e liquidarle sempre in via amministrativa, proprio sulla base dell’orientamento giurisprudenziale in commento, che appare ormai consolidato.
In buona sostanza, ai suddetti militari è stato applicato, in sede di liquidazione del trattamento pensionistico, l’art. 44 DPR 1092/’73, applicabile non al personale militare ma al personale civile, con l’aliquota del 35%, anziché quella, riferita invece al personale militare, contemplata dall’art 54 DPR 1092/73, pari al 44%.
L’applicazione dell’art. 54 produce automaticamente un incremento dell’importo pensionistico in capo ai ricorrenti, che varia al variare del numero di anni effettivamente coperti da contribuzione e che si traduce in un incremento mensile sulla pensione che oscilla tra i 50/60 € fino ai 160/170 €. La suddetta sentenza fa da battistrada per le successive domande e gli eventuali ricorsi, in quanto ha stabilito un criterio uniforme di applicazione della normativa.
A parere di chi scrive è stata data corretta applicazione della legge, in ossequio al principio di ancorare la corresponsione della pensione agli anni affettivamente coperti da contribuzione, e chi scrive concorda con l’orientamento della Magistratura di non ampliare la platea dei beneficiari, come pure qualche Sezione Regionale della Corte dei Conti ha fatto, poiché il requisito legislativo della presenza di almeno quindici anni di contribuzione effettiva è chiaramente indicato nella norma su richiamata, ovvero l’art. 54.