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QUOTA 103 – LA NUOVA PENSIONE

Nov 27, 2023

La Legge di Bilancio per il 2024 detta nuove regole in materia pensionistica, anche in relazione alla pensione detta “quota 103”. Vediamo come verrà modificato questo particolare trattamento pensionistico.

Le novità in materia sono spunto per alcune riflessioni, in particolare con riferimento ai lavoratori che tra la fine del 2023 ed il 2024 raggiungeranno 41 anni di contributi e 62 anni di età. Infatti “quota 103” cambia modalità di calcolo in base a quando vengano raggiunti i requisiti richiesti.

Per coloro i quali maturino i requisiti anagrafici e contributivi nel corso del 2023 il calcolo non cambia: restano ferme infatti le finestre di accesso alla pensione (tre mesi per il settore privato e sei mesi per il pubblico); fino alla maturazione dell’età per la vecchiaia (e dunque, per quasi cinque anni, cioè – ad oggi – fino al compimento del 67esimo anno di età), la pensione raggiungerà al massimo un importo pari a cinque volte il trattamento minimo, riprendendo il valore originario subito dopo il compimento dell’età pensionabile.

Nel caso della nuova quota 103, così come emerge dal Disegno di Legge di Bilancio per l’anno 2024, pur rimanendo invariati i requisiti, il valore della pensione viene determinato definitivamente ed in toto con il sistema contributivo, ed il suo valore massimo fino all’età per la vecchiaia diminuisce, scendendo da cinque a quattro volte il trattamento minimo. Se consideriamo il valore previsto per il trattamento minimo per il 2024, il valore massimo della pensione con “quota 103” risulterà pari ad Euro 2.993,05 per i pensionati con quota 103 che maturino i requisiti nel corso del 2023; diminuisce invece a 2.394,44 Euro per chi raggiunga i previsti requisiti nel corso del 2024.

Inoltre, il d.d.l. della manovra cambia anche la durata delle finestre in quanto, per chi raggiungerà i requisiti nel 2024, la durata salirà a sette mesi (dagli attuali tre) nel settore privato ed a nove (dagli attuali sei) nel pubblico impiego. Per entrambe le ipotesi, dal momento della decorrenza della pensione anticipata con quota 103 e fino all’età della pensione di vecchiaia (ad oggi, 67 anni), vige il divieto di cumulo per redditi da lavoro dipendente o autonomo, con esclusione soltanto della somma di cinquemila Euro lordi annui per lavoro autonomo occasionale.

Da quanto finora detto emerge quindi come la versione prevista per il 2024 della nuova pensione “quota 103” possa determinare anche una riduzione considerevole dell’importo pensionistico.

Ecco un esempio.

Per una lavoratrice nata a febbraio del 1961, con una retribuzione lorda pari a cinquantaseimila euro, che maturerebbe il requisito contributivo a dicembre del 2023 con decorrenza della pensione con quota 103 ad aprile del 2024, l’importo pensionisitico lordo  mensile calcolato (oggi) con il sistema misto sarebbe pari a 2.620 euro, continuando a versare i contributi fino a marzo 2024; in questo caso, non opererebbe il limite reddituale di cinque volte il trattamento minimo.

Ipotizzando però, un’assenza di contributi a dicembre 2023, con maturazione del requisito contributivo che slitta a gennaio 2024, la lavoratrice accederebbe alla nuova quota 103; in tal caso, l’importo della pensione sarebbe pari a 1.950 euro lordi mensili, con decorrenza da settembre 2024. La lavoratrice andrebbe in pensione più tardi e con un trattamento economico inferiore.

Tuttavia, se la lavoratrice attendesse il requisito della pensione anticipata ordinaria (che, in prospettiva, sarebbe perfezionato a ottobre 2024 ) riceverebbe un assegno di 2.720 euro lordi mensili, mantenendo il metodo di calcolo misto e senza alcuna limitazione per eventuali altri redditi lavorativi.

Ma il ragionamento vale, in proporzione, anche in caso di retribuzioni più basse. Ed emerge come, soprattutto alle donne, sarà sufficiente lavorare qualche mese in più (o versare contributi volontari, accedendo alla prosecuzione volontaria) per annullare la penalizzazione economica della nuova quota 103.

Gli uomini, dal canto loro, dovranno mettere in conto circa un anno e mezzo in più.

Poco interessante e poco remunerativo proseguire fino ai requisiti per la vecchiaia, in quanto a fronte di ulteriori tre anni di lavoro, l’assegno aumenterebbe in modo molto meno evidente, dato che tale aumento riguarderebbe quasi solo la quota contributiva di pensione, andando così ad incidere in maniera del tutto irrilevante sull’importo finale del trattamento pensionistico.

Come abbiamo appena visto dunque, occorre andare molto cauti nel suggerire la strada indicata dalla nuova “quota 103” poichè a volte, soprattutto per le lavoratrici, si tratta di un’arma a doppio taglio, che può tradursi in una vera e propria trappola con effetti addirittura negativi sull’importo della pensione.

Sta agli operatori di Patronato, quindi dare i giusti consigli e suggerimenti, utilizzando il nuovo strumento di quota 103 solo laddove davvero vantaggioso e conveniente.