Il cestino dei buoni propositi ormai è stracolmo, ma siamo tutti consapevoli che il sistema natura ci spinge al precipizio. Ciò significa che non possiamo più limitarci a pensare alla soluzione di emergenze contingenti come quelle su cui, nel corso dell’evoluzione, pare si sia plasmato il nostro cervello.
La scienza ci suggerisce che bisogna superare i comportamenti radicati nella struttura base del nostro cervello, in quanto la sfida è culturale e SOLO LA CULTURA CI DÀ LA POSSIBILITÀ DI EVOLVERE DAGLI ISTINTI E DALLA NOSTRA PARTE RETTILE E PREDATORIA.
Bisogna intendersi perché in primis e una sfida conoscitiva.
Purtroppo nel Belpaese la cultura in generale e le conoscenze tecniche dei fenomeni in atto, sono l’ultimo gradino di una scala a rovescio rispetto ad altri immediati interessi. Intanto che facciamo cassa il cambiamento climatico può aspettare. È qui l’arcano, perché l’unico modo per costruire una visione del mondo realistica è quello di porre la scienza e i suoi risultati alla base del nostro pensare. E non è solo un assunto “filosofico” astratto: c’è anche un aspetto pragmatico, perché agire diversamente ci porterebbe al disastro.
DOPO LA SFIDA “SCIENTIFICA E QUELLA FILOSOFICA”, QUI NASCE UNA TERZA SFIDA: QUELLA COMUNICATIVA.
Qui si perde ogni ragionamento.
Risolvere le tante criticità nella comunicazione e divulgazione della scienza del clima, significa riuscire a costruire una base di conoscenze condivise per affrontare efficacemente la crisi climatica. In ultimo, ma non per importanza, la sfida politica. Questo campo è basilare dal momento in cui è proprio la politica a dover gestire la conversione ecologica ed energetica.
I ben pensanti si limitano a prendere atto ma la politica vede meglio del singolo e senza mezzi termini sentenzia “tutta colpa del Cambiamento climatico”.