Per i più giovani si prospetta uno scenario “vecchiaia” dalle tinte fosche, parliamo di un’età pensionabile di 70 anni con un importo che si potrebbe avvicinare addirittura, purtroppo, al di sotto della soglia di povertà.
Tutto questo è un quadro che sa di desolazione e impotenza. Ragazzi che, loro malgrado, non riescono ad inserirsi nel mondo lavorativo e che, anche se ottengono il lavoro gli viene offerto un contratto di collaborazione a tempo determinato o addirittura a chiamata. Tutto questo comporta dei buchi contributivi non indifferenti.
E’ stata fissata per il 7 febbraio la verifica politica fra i Sindacati e il Governo che ha già sul tavolo tecnico una proposta, all’interno della Riforma delle Pensioni 2023. Si parla di una misura che potrebbe essere davvero utile, volta ad aiutare questa categoria di lavoratori, considerata attualmente la più svantaggiata.
La misura consiste in un bonus di garanzia di 1,5 – 1,6 anni di contributi per ogni anno di lavoro svolto, in modo tale da compensare il gap contributivo di quei giovani che hanno cominciato a lavorare a partire dal mese di gennaio del 1996, in maniera discontinua a causa di inattività forzata, ma anche per coprire percorsi di formazione professionale.
Pur apprezzando l’impegno dei corpi intermedi, che stanno facendo più di un tentativo per mettere le pezze ad un problema quasi atavico, a caldo, le ipotesi formulate sembrano eccessivamente farraginose. A nostro avviso occorre una riforma del sistema pensionistico globale, seria e sanificatrice delle storture tutt’oggi in essere. Una vera riforma non può che essere il risultato di una consultazione anche on-line, di tutte le organizzazioni che oggi agiscono a tutela dei lavoratori di ogni comparto produttivo. I tempi sono ristretti.