Non tutti i redditi si computano nella base imponibile.
Nel mese scorso la Cassazione, con un’ordinanza del 19.08.2024, si è pronunciata su un’interessante questione su un ricorso presentato dall’INPS. Oggetto del giudizio era un verbale di accertamento con il quale l’Istituto chiedeva – ritenendola dovuta – la contribuzione previdenziale per gli anni compresi tra il 2010 ed il 2014 ad un agente di commercio regolarmente iscritto nella gestione commercianti dell’INPS.
La contribuzione pretesa dall’INPS riguardava il reddito d’impresa derivante dalla partecipazione agli utili in alcune società di capitali.
Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda del lavoratore, mentre la Corte d’Appello l’aveva accolta, annullando il verbale impugnato. La Corte d’Appello aveva evidenziato come, essendo l’appellante un agente di commercio ed essendo soltanto un semplice socio in alcune società di capitali, senza tuttavia ricoprire in esse alcun ruolo di gestione ed amministrazione, l’Istituto non aveva fornito la prova che ricorressero gli estremi per l’insorgenza dell’obbligo contributivo in capo al lavoratore.
Infatti – spiega l’ordinanza della Suprema Corte – la base imponibile da assoggettare a contribuzione è determinata dai redditi di partecipazione in società di persone o assimilate, come ad esempio le società in accomandita o quelle in nome collettivo, con esclusione invece dei redditi derivanti da partecipazione a società di capitali.
Il punto essenziale su cui la Cassazione si è pronunciata è stato quindi questo: se il lavoratore autonomo iscritto alla gestione previdenziale (perché svolge attività lavorativa, per cui vi è una tutela previdenziale obbligatoria), sia tenuto anche al versamento dei contributi per tutti i redditi percepiti nell’anno, ivi inclusi quelli da partecipazione a società di capitali, nella quale tutavia egli non svolga attività lavorativa. Gli Ermellini, richiamando altre pronunce del medesimo tenore, hanno dato risposta negativa al quesito.
La Corte parte dalla distinzione che, ai sensi del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), esiste tra due diversi tipi di reddito: i redditi d’impresa, derivanti dall’esercizio di attività imprenditoriale; e i redditi di capitale, che annoverano tra essi gli utili da partecipazione a società soggette ad IRES (Imposta sui Redditi delle Società).
Nel caso specifico, il lavoratore autonomo (agente di commercio iscritto alla gestione commercianti dell’INPS) che versa regolarmente i contributi in quanto tutelato dalla Previdenza Obbligatoria, deve includere nella sua base imponibile i redditi d’impresa derivanti dall’attività imprenditoriale, ma restano esclusi dalla suddetta base i redditi di capitale, derivanti dalla pura e semplice partecipazione a società di capitali, senza che in essa il percettore di reddito abbia svolto attività lavorativa.
Pertanto, essendo incontestato nella fattispecie oggetto del giudizio che i redditi posti alla base del verbale di accertamento emesso dall’INPS siano derivati dalla partecipazione ad utili di società di capitali senza prestazione di attività lavorativa, la Cassazione ha concluso con il rigettao del ricorso dell’INPS, poichè quei redditi sono (come detto) esclusi dal computo della base imponibile contributiva.
È appena il caso di sottolineare quindi l’importanza di questa pronuncia, poichè non di rado capita che vengano inviati agli ignari cittadini cartelle di pagamento o avvisi di accertamento che poi, a ben guardare, risultano infondati e quindi annullabili.