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LAVORO IN ITALIA: I POSTI CI SONO MA NON SI TROVANO I LAVORATORI, ANCHE SPECIALIZZATI

Set 16, 2021

Un po’ di lavoro ci sarebbe, ma non si trovano i lavoratori. Prima per la diffusione della situazione pandemica legata al Coronavirus in Europa, l’Italia si conferma tra i primi Paesi nel mondo anche per la distanza tra offerta e domanda di lavoro. Certo, tecnologia e digitalizzazione hanno cambiato il modo di lavorare con lo Smart Working lavoro a distanza.

Il reddito di cittadinanza? Incide, ma solo marginalmente o per lo meno in piccola parte, ma ci sono teorie discordanti sull’ultimo tema.

Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat sull’andamento del mercato del lavoro nel secondo trimestre 2021 rivelano che il mismatch è in crescita: nonostante la disoccupazione elevata, crescono paradossalmente i posti che restano vacanti. Il tasso di posti vacanti (posizioni ricercate dalle imprese in rapporto a quelle complessive, occupate e non) è pari all’1,8% e registra un aumento dello 0,6 rispetto al trimestre precedente, un livello mai registrato dal 2016 e, in termini tendenziali, il tasso è in marcato rialzo verso un punto percentuale. Nell’industria e nei servizi si osservano tassi che si attestano all’1,6% e al 2% (nel trimestre precedente erano all’1,2% e all’1,1%). Disaggregando i dati si nota che la maggior parte dei posti vacanti si registra nelle costruzioni (2,4%), nei servizi di alloggio e ristorazione (2,3%), nei servizi di informazione e telecomunicazione (2,1%), nell’istruzione, sanità, assistenza sociale e attività artistica (1,6%) e nell’industria (1.8%).

Come leggere questi dati? Una colpa su tutte, è sicuramente attribuito ad un sistema formativo ed informativo per tutti i lavoratori che vogliano intraprendere una nuova mansione o lavoro, la questione del RDC reddito di cittadinanza, ha sicuramente creato un dislivello, tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Basta pensare che la grande maggioranza dei percettori sul sussidio, non accettano lavori al disotto della somma percepita. Il modello RDC sicuramente è stato pensato e ideato in maniera differente, ovvero creare e migliorare l’offerta lavorativa, ma in questo caso non ha portato i risultati tanto attesi e desiderati.

Rileggendo bene i dati la colpa non è solo del sussidio RDC, ma spesso del SISTEMA MALATO DEL LAVORO. Salari bassi, orari extra lavoro non retribuiti, ecc…

Accuse che non si possono certamente indirizzare a tutti i datori di lavoro, che pure provano ad uscire da un periodo di profonda crisi a causa dell’emergenza covid. Molti di loro però, nonostante le difficoltà,  continuano ad offrire stipendi adeguati e contratti dignitosi.

Dall’altro lato, continua ad esserci chi, percependo il Reddito di cittadinanza, chiede anche di lavorare in nero, come hanno dimostrato diversi casi di cronaca, male interpretando lo spirito della misura, preferiscono continuare a percepire il sussidio al posto di rientrare nel mondo del lavoro.

Tale anomalia, distorsiva del mercato del lavoro, richiede un correttivo immediato che potrebbe essere una manovra efficace ed evolutiva nel tempo, bisogna ridimensionare il settore lavoro e dare a datori e lavoratori i giusti mezzi per ripartire e rinascere.  rimodulazione della tassazione sul costo del lavoro per consentire ai lavoratori di percepire un netto in busta paga più elevato e rendere quindi più attraente il lavoro rispetto al Reddito di Cittadinanza, con conseguente risparmio per le “casse dello Stato”.