Il Parkinson non è esclusiva della fascia più anziana della popolazione. Esiste una forma che colpisce anche i giovani.
Un certo numero di persone afflitte dal Parkinson ne ha iniziato a soffrire attorno ai 40 anni e in alcuni casi addirittura prima dei 30.
Il Parkinson giovanile non dà sintomi così riconoscibili come la forma che arriva dopo i 50 anni. Non si manifesta, per esempio, con il classico “tremore alle mani”. Come si riconosce allora?
I segnali tipici del Parkinson giovanile sono un senso generale di stanchezza, anemia o depressione. La spossatezza, poi, è particolare: comincia un paio d’ore dopo il risveglio, dura fino a sera. L’altro disturbo caratteristico è l’impaccio nei movimenti, ma solo da un lato del corpo. Sembra di avere il braccio e la gamba trattenuti da “qualcosa”, per cui i riflessi della parte colpita sembrano rallentati.
Questi sintomi devono mettere in guardia specialmente se in famiglia ci sono già dei precedenti. Si è visto che in circa la metà dei casi un parente stretto ha sofferto della stessa malattia.
Il Parkinson giovanile ha un’evoluzione più lenta. E con le cure giuste si può condurre una vita pressoché normale. Anche la terapia è differente. Ai giovani si prescrivono i farmaci dopaminoagonisti sostanze cioè in grado di mimare l’effetto della dopamina, un neurotrasmettitore che invia gli impulsi nervosi nel cervello.
Ed è proprio la carenza di dopamina a causare la malattia. Con la terapia i sintomi si attenuano e, in certi casi, spariscono. Il farmaco dà pochi effetti collaterali, che si risolvono modificando la dose giornaliera.
La cura farmacologica da sola però non basta: bisogna abbinare la fisioterapia, che aiuta a mantenere l’agilità dei movimenti.